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Rosso di vergogna

“Primo esempio del vento che sta cambiando a Milano: cancellato LiveMi di sabato 21 maggio, in Galleria del Corso. Era l’inizio di LiveMi 2011 (che se vincerà Pisapia sarà cancellato dai progetti del Comune). Dava spazio a gruppi e artisti emergenti che potevano esibirsi con brani propri. In compenso Pisapia sta pensando a un megaconcerto con Jovanotti, Ligabue e Irene Grandi. Per dare voce a chi non ce l’ha (18 maggio alle ore 11.15) “.

Con questa risibile affermazione Red Ronnie ha scatenato il tormentone dell’ultima settimana. Lo storico deejay bolognese, ormai da anni un desaparecido del video, negli ultimi tempi aveva lavorato a fianco della Moratti al Comune di Milano, in qualità di esperto di immagine (?), cosa che nel frattempo,  oltre a procurargli qualche discreta sommetta (poi dice che in Italia la beneficienza non si fa abbastanza…), gli permetteva di lanciare progetti finanziati dall’amministrazione, come questo famigerato LiveMi, la cui validità (non essendo milanese) mi pare tutta da verificare.

Però il povero Red (che negli anni 70 a Bologna era attivo sulle frequenze delle radio libere, lanciando strali contro le autorità), a quanto pare è stato esautorato, emarginato e messo da parte a causa di questo inarrestabile e fantomatico “effetto Pisapia”. In pratica, il terribile stalinista terrore dei sette mari e dei cinque continenti, il mite avvocato Pisapia, avendo portato la Moratti al ballottaggio e avendo chiuso il primo turno in vantaggio si è permesso già di prendere le redini dell’amministrazione locale, chiudendo una manifestazione già programmata. Ovviamente il  Rosso non se la poteva mica prendere con l’amica Letizia, che cammina con le coda in mezzo le gambe e lancia col suo partito accuse infantili contro gli avversari…

Naturalmente Pisapia è pure accusato di voler tenere mega-concerti a Milano, cosa piuttosto inusuale nel capoluogo meneghino, se non sbaglio.

Però come per la Moratti, chi la fa l’aspetti, caro Red. I suo fan su Facebook sono aumentati da poco più di 4 mila a 12 mila nel giro di una settimana. Ma non c’è nessun “effetto Moratti”. Si tratta di avventori che hanno trasformato la bacheca del “gran comunicatore” in un cumulo di ironiche battute sull’ “effetto Pisapia”, addossandogli, proprio come ha fatto Ronnie, le accuse più assurde e stravaganti.

Da molto tempo ormai Red Ronnie non risponde più alle migliaia di battute che gli arrivano nella bacheca, affidando le sue risposte soltanto a dei video, che sono intrisi di un raro e significativo umorismo involontario, come quello della figlia che accusa gli utenti di “commettere reati federali”. A voi il giudizio di una tale simpatica affermazione. Io credo che la bimba abbia passato troppo tempo davanti la tv.

Un’altra cosa curiosa è che il rosso non ha chiuso la bacheca, forse gli fa piacere avere tutti questi “fan”? Contento lui…

La settimana scorsa nel profilo de Le Iene è accaduto qualcosa di simile, con migliaia di juventini che insultavano e inveivano contro la redazione per l’intervista a Moratti. Naturalmente loro hanno pensato bene di chiudere (momentaneamente) la bacheca e cancellare i messaggi offensivi.

Ma Red no. Forse non sa nemmeno come si fa? Se ha bisogno di aiuto…

Comunque da qualsivoglia parte la si guardi questa storia è desolante per lui, la Moratti e tutti i loro sostenitori, con la loro campagna ridicola e votata alla caccia del comunista.

Di rosso c’è soltanto Red Ronnie, ma di vergogna.

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Viaggio al termine della notte

folla al centro storico di palermo, vista dal museo salinas

Sabato scorso, in molte città italiane ed europee è stata la settima “Notte dei Musei”, una manifestazione nata in Francia nel 2005, che ha pian piano preso campo nel resto del Continente. L’iniziativa, patrocinata dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali,  consisteva nel tenere aperti tutta la notte, sino alle 2, i musei che vi aderivano. Questa edizione ha confermato la bontà della manifestazione,  certificandone il successo, anche al di sopra delle aspettative. Anch’ io sono stato fra coloro i quali hanno approfittato dell’iniziativa, che, fra le altre cose, ha certificato quanto siamo spesso miopi di fronte al nostro patrimonio artistico, unico in tutto il mondo. La sorpresa della (ri)scoperta comunque è stata almeno pari a quella di vedere interminabili file all’ingresso dei musei, odendo di sfuggita le stizzite reazioni degli addetti ai lavori, che lamentavano lo scarso afflusso nei giorni “normali”, a fronte di una spesa decisamente risibile per il biglietto d’entrata.

A Palermo, dunque la notte di sabato mi sono recato in tre musei, il Museo Archeologico Salinas, Palazzo Mirto e Palazzo Abatellis e quanto segue è il breve resoconto delle mie visite.

Museo Archeologico Salinas

stele con iscrizione punica

Il Museo Salinas è uno dei musei che racchiude una delle più vaste raccolte di reperti archeologici, soprattutto punici e greci, ma è soprattutto una profonda testimonianza di millenni di storia. Attualmente è in fase di ristrutturazione è non tutte le sale sono al momento accessibili. La Regione Sicilia ha stanziato un proficuo finanziamento di circa 6 milioni e 2oomila euro per la ristrutturazione, e la fine dei lavori è prevista per luglio 2012. Ciononostante il patrimonio aperto a pubblico è di assoluto interesse, ed emana un fascino inequivocabile. Ci si perde lungo quei corridori ammirando oggetti che appartengono a un’era lontanissima, i sarcofagi e le statue sembrano quasi respirare per quanto emanano vita e bellezza, nel senso, appunto, più classico del termine. Una visita che, ahimé, non è facile riassumere in poche righe e non essendo esattamente un addetto ai lavori, purtroppo devo fermarmi qui, sottolineando ancora una volta la proficuità di questa intensa visita.

Palazzo Mirto

fontana di palazzo mirto

Palazzo Mirto è un palazzo storico la cui edificazione risale nientemeno che al XIII Secolo d.C. ed è stato abitato dalle famiglie più importanti dell’aristocrazia palermitana sino al 1982 quando l’ultima erede, Maria Concetta Lanza Filangieri di Mirto donò l’edificio alla Regione Sicilia per farne un museo. Il Palazzo sembra davvero essere un’oasi del passato incastonata nel presente. Niente è stato toccato e tutto fa pensare al vissuto dei secoli che quelle mura sembrano raccontare. I lussuosi lampadari di Murano risplendono con  meraviglia su quelle mura, gli arredi e il mobilio fanno inevitabilmente pensare a film come “Il Gattopardo”, la straordinaria e immensa sala  da pranzo,  la fontana nel piccolo antro esterno con due voliere a lato. Per un momento mi sono sentito H.G. Wells in viaggio nel tempo, tanto che alla fine ho avuto il forte desiderio di lasciare il palazzo uscendo con una delle bellissime carrozze, perfettamente custodite nel vecchio deposito. Un posto davvero unico che bisogna visitare a Palermo, purtroppo non molto noto alla stessa cittadinanza del capoluogo siculo (me compreso, sino a sabato).

Palazzo Abatellis

tela caravaggesca

Palazzo Abatellis è uno dei musei più noti di Palermo, essendo il luogo che ospita la Galleria Regionale, con capolavori come il Trionfo della Morte e l’Annunziata di Antonello da Messina (purtroppo non accessibile sabato per mancanza di personale) e altre tele di forte impatto caravaggesco, tutte nella imponente e inquietante sala rossa. Il museo tutto è d’altronde pervaso di un’atmosfera cupa e opprimente, si respira a piena polmoni la tensione ansiosa che traspare da quei quadri così fortemente espressivi e al contempo freddi nel loro dolore. Ma la visione certamente più suggestiva e spaventosa è quella dell’affresco (preso da Palazzo Sclafani) del Trionfo della Morte, un grandioso dipinto  dove la morte a cavallo si fa beffe e terrorizza nobili e giovani gaudenti. Anche qui è d’obbligo la visione, perchè le parole non sono sufficienti a descrivere la grandiosità di questo affresco, imponente anche nelle dimensioni (600×642 cm).

Questo viaggio al termine della notte palermitana mi ha davvero persuaso di quanto poveri siamo a non conoscere e apprezzare il nostro infinito e immenso patrimonio artistico che nessun paese al mondo può vantare,  e quanto ricchi siamo ad avere questa grande possibilità.

A volte basta soltanto volgere lievemente lo sguardo per scoprire un tesoro.


Chi la fa l’aspetti

La campagna elettorale per le amministrative comunali di Milano è stata sinora una delle meno edificanti del già sconfortante panorama politico italiano. Sono volate accuse e colpi bassi, spesso infondati, alcuni infamanti.

Protagonista assoluta la famiglia Moratti con il sindaco uscente Letizia e la cognata Milly, l’una candidata alla rielezione e l’altra aspirante consigliere nella lista dell’avversario Pisapia. Due donne che non potrebbero più diverse.

La Milly, first lady degli interisti, si è lanciata in improperi banali su Berlusconi, che, secondo lei ha, fra l’altro snaturato l’identità del Milan, del quale lei si è confessata tifosa in gioventù. Cosa che tra l’altro nasconde il grande sforzo che dovrebbe fare in caso di sconfitta della cognata, ovvero quella promessa di gridare persino “Forza Milan”. Ma se è (era) milanista, che voto mai sarebbe? Risibile poi quell’accusa a Berlusconi. Lo credo bene che ha snaturato l’identità del Milan che lei ricordava da ragazza, prima era una società sempre in bilico economicamente e spesso perdente, adesso è una squadra vincente e fra le più amate e conosciute del mondo! Anzi, come piace tanto far notare all’entourage di Arcore, il Milan adesso è il club più titolato del mondo! Insomma di tante frecce che aveva al suo arco per attaccare Berlusconi, Milly ha decisamente scelto il peggiore.

Ma il fondo l’ha toccato Letizia con quell’infamante calunnia e la menzogna con la quale ha ignobilmente e ingiustamente accusato il suo contendente Pisapia di essere un ladro di automobili. Un procedimento che risale al 1977 e che si è concluso con una totale assoluzione. La cosa grottesca è che la Moratti accusa il suo avversario con le armi che lei e il suo leader si sentono continuamente usate contro, quella della giustizia e dei magistrati, nemici giurati del fantomatico “Popolo delle Libertà”.

Questo disarmante teatrino ha però portato una bella novità. Al momento infatti Pisapia pare essere in vantaggio di ben cinque punti percentuali nei confronti della sua avversaria, che molto probabilmente sarà costretta al ballottaggio, contro ogni previsione, dando una pesante spallata al Governo, dove la Lega potrebbe cominciare a fare la voce grossa, mandando tutto all’aria.

Così impari Letizia, chi la fa l’aspetti.


Fine del terrore?

Renato Ruggiero, uno dei pochi ministri degli Esteri validi che abbiamo avuto da molti anni a questa parte (infatti durò solo sei mesi) all’indomani della tragedia dell’11 settembre disse con un tono disperato che “Il mondo stava per cambiare, e in peggio”.

Non era difficile prevederlo, ma i fatti gli hanno dato ampiamente ragione e gli Stati Uniti in testa hanno vissuto un vero e proprio periodo medievale, fra guerre insensate e crolli economici dai quali ancora oggi non riescono a tirarsi fuori.

La disastrosa amministrazione di Bush ha fatto poi del proprio peggio, fomentando il terrore fra i cittadini e instaurando un vero e proprio regime di paura, aprendo gli insensati e dolorosi conflitti in Afghanistan e Iraq e limitando le libertà personali con misure altrettanto insensate come il famoso Patriot Act, senza dimenticare la chiusura rigida delle frontiere.

L’annuncio in diretta televisiva del presidente Obama dell’uccisione di Bin Laden pare in questo senso chiudere per sempre questa era del terrore. Era lui,  il terribile leader di Al-Qaeda che rappresentava lo spauracchio principale per i cittadini statunitensi e al di là della paura delle ritorsioni (una puerile paura direi, cosa aspettarsi da dei terroristi? La pace in cambio della sopravvivenza? Mah..) sicuramente questa paventata esecuzione ha definitivamente (almeno all’apparenza) chiuso questa grigia epoca.

É utopico pensare che tutto tornerà prima, che l’America tornerà a incarnare il sogno americano e che nel mondo si faccia strada presto la pace.

Ma l’eliminazione di un forte simbolo del male come Bin Laden lascia finalmente spazio dopo un decennio all’ottimismo, che per  una nazione duramente minata nelle sue certezze è qualcosa di estremamente grandioso.

E trattandosi della nazione e dello Stato più potente e importante del mondo, non può che riflettersi positivamente nel resto del globo.

Da parte mia nessun plauso, ma anche nessuna pietà per un uomo che non ha mai avuto rispetto della vita umana e che ha fatto la fine che era segnata nel suo destino di vile terrorista.

Che la vita, finalmente, continui.


Ma mi faccia il piacere

Ieri, mio malgrado, vedendo a spezzoni la trasmissione domenicale di Bonolis, “Il senso della vita”, mi sono imbattuto in una delle sue famigerate interviste fotografiche, dove il conduttore non fa domande ma fa vedere delle immagini all’oggetto dell’intervista e su queste immagini l’ospite è chiamato a fare una serie di considerazioni.

Il protagonista di ieri sera di questa fotointervista era (me tapino!) Alfonso Signorini, la risposta italiana a una domanda che nessuno ha mai posto. Nel corso di questa rassegna fotografica Signorini ha raccontato una serie di aneddoti che hanno riguardato la sua vita, storie che lo hanno ritratto in prima persona.

Devo dire che molti dei suoi racconti mi hanno convinto assai poco, tale era l’assurdità di alcune situazioni, che per carità possono essere vere, ma avevano tutta l’aria di essere dei copioni scritti in precedenza e fatti belli e pronti per l’occasioni.

Il dubbio è diventato certezza in occasione di due racconti in particolare. In uno, Signorini parla della sua prima avventura omosessuale con un marchettaro di provincia, da lui portato sino a Parigi (come portarsi una prostituta a Venezia). Questo coatto (ma un gran figo, a sentire l’Alfonsina) aveva ordinato il servizio in camera che però non arrivava mai, perchè lui non appena i camerieri bussavano diceva: “Apré(s)!” , che in francese significa dopo…AHAH! Una barzelletta vecchia almeno quarant’anni! Ovviamente la Signorina non ha fatto cenno minimamente alla barzelletta, tra l’altro ripresa in un vecchio filmaccio dei Vanzina con Cristian De Sica, come potete vedere qui:

Un altro aneddoto riguarda il suo primo incontro con Berlusconi,  all’epoca non ancora entrato in politica e nemmeno famoso, dunque (stando alle sue parole) non era né proprietario del Milan, nè delle tre reti televisive. Signorini racconta che passò l’esame per fare l’agente immobiliare per la sua azienda e al momento del colloquio ne uscì talmente convinto che lui stesso ebbe la voglia di comprarsi un monolocale.  Innanzitutto da dire c’è che già nel 1981 c’era Canale 5 e Signorini all’epoca era diciottenne, dunque pare già una forzatura. In secondo luogo la storia, con delle lievi variazioni, è la stessa che raccontò una ventina d’anni fa in televisione Roberto Gervaso. Ma sicuramente mi sbaglio.

Nel dubbio, un invito finale a Signorini: ma mi faccia il piacere!


Buon compleanno, Paperblog!

In occasione del primo anniversario dalla creazione e il lancio della piattaforma di Paperblog, pubblico l’intervista che ho rilasciato come blogger facente parte di questo interessante progetto.  In pratica, Paperblog è una piattaforma  che si nutre della partecipazione di alcuni blogger prescelti, i cui post selezionati, fanno in modo di creare un vero e proprio magazine on line.

Così facendo si viene a costituire un nuovo modo di fare informazione, con punti di vista fra i più disparati e gli argomenti coperti raggiungono un numero considerevole, tale da coprire qualsiasi notizia o evento, permettendo altresì ai vari blogger di avere una più che discreta visibilità oltre alla possibilità di interagire con altri colleghi.

La mia collaborazione con Paperblog è stata sin qui sicuramente e proficua e interessante, e ho avuto l’onore di essere stato scelto come autore del giorno, in occasione del mio post sulla scomparsa di Maria Schneider.

Da ricordare che nel corso di un anno, la piattaforma ha raggiunto l’obiettivo di un milione di visitatori mensili.

Ecco il testo dell’intervista:

Paperblog:  Innanzitutto, chi c’é dietro Segreti Dall’Alveare?

Segreti Dall’Alveare: Dietro il mio blog non c’è altro che la mia persona, ovvero Luca Mangogna. Ho voluto dare inizio a questo progetto per dare sfogo alla mia professionalità (sono laureato in giornalismo) sino a questo momento, purtroppo, parecchio inespressa.

P.: Da quanto tempo possiedi un blog e perché hai deciso di aprirne uno?

SdA: Posseggo il blog dall’inizio dell’anno, da gennaio. La decisione di aprirla è venuta perchè appunto, avvertivo la necessità di possedere uno spazio tutto mio, dove poter esprimere in totale libertà le mie opinioni ed esporre in maniera più compiuta la mia esperienza di anni di studio di giornalismo e la mia capacità nello scrivere. Ed è ovvio che la visibilità che si ottiene oggi sul web, è difficile ottenerla in qualche altra parte che non sia la televisione.

P.: Da dove trai ispirazione per gli articoli del tuo blog?

SdA: É naturale che per tenere sempre aggiornato un blog, sia necessario giocoforza tenersi aggiornato. Dunque l’ispirazione mi viene dalle consuete rassegne stampa che contraddiscono le mie giornate, passando dai giornali (generici, locali, politici, e sportivi), alla televisione (telegiornali e televideo) a internet (webzine di ogni genere e specie). Da lì è facile trovare ogni giorno almeno uno spunto che mi consenta di trarre un’ottima ispirazione per poter postare nel mio blog.

P.: Quando smetti i panni del blogger, di cosa ti occupi?

SdA: Beh, si potrebbe ben dire che non smetto mai i panni del blogger. Come già detto, infatti, ho deciso di aprire un blog proprio per avere la visibilità e l’opportunità di mettere in luce la mia professionalità e le mie capacità. Sono infatti laureato in giornalismo, ma tuttora giacio nel limbo dei free lance, senza che abbia una collaborazione continuativa che mi permetta di essere un professionista o un pubblicista a tempo pieno.

P.: Un pregio e un difetto di Paperblog.

SdA: Il pregio maggiore di Paperblog è quello di dare visibilità ai migliori blogger, ma – al di là di qualsiasi discorso “egoistico” – è quello di apparire un vero e proprio giornale, assolutamente valido quanto sui generis, servendosi del collage dei pezzi di questi blogger. Un difetto può nascere dal fatto che, avvalendosi di autori di varia natura ed entità, nonchè caratteristiche e ideali, sia foriero di contraddizioni o ripetizioni. Ma nella natura del progetto credo che fosse stato messo in conto e nella mente dei creatori ci sia l’idea di migliorare questo aspetto.

P.: E per finire, una domanda su temi scottanti: un’impasse italiana, il nucleare a Fukushima, la nuova guerra in Libia: quali scenari per i prossimi mesi?

SdA: L’impasse italiana è proprio come la si descrive: un’impasse. Siamo fermi alle polemiche e divorati dalla burocrazia. Inutile accorpare accuse che sfocierebbero nel più bieco dei qualunquismi, ma da governo e opposizioni non si fa altro che lotta sulle parole, salvo mettersi d’accordo quando si tratta di spartire torte o aumentarsi l’indennità. La fine della cosiddetta Prima Repubblica anziché semplificare ha portato a un’esasperazione totale che sta sfociando inevitabilmente nella totale disaffezione dei cittadini alla politica e nello squallido militantismo cieco di altri. L’affaire che riguarda la riforma giudiziario è tipico in questo senso: una riforma che non potrebbe andare in porto che non in almeno 4/6 anni (se non mai) mette in scena un balletto di polemiche che nasconde i reali problemi e le reali necessità del paese.

Il disastro di Fukushima era estremamente difficile prevedere, così come lo tsunami e il terremoto che hanno colpito e devastato il Giappone. Di tutte le centrali giapponesi quella di Fukushima era la meno sicura ed era pure vicina alla chiusura, ma la tragedia ha provocato questa situazione drammatica sta tenendo il mondo sotto shock. Non si tratta nemmeno di porre in questione l’uso del nucleare, perchè tutto è stato provocato da un disastro naturale. Ma, per esempio, in Italia, sarebbe davvero sciocco affidarsi al nucleare con le risorse naturale e rinnovabili di cui godiamo nel nostro territorio.

La guerra in Libia non vede come principale responsabile Gheddafi, ma i governanti europei, in testa gli italiani da Craxi a Berlusconi, che gli hanno aperto le porte. Il suo potere decisionale anche in seno al suo popolo è così aumentato esponenzialmente col suo potere internazionale e siamo arrivati oggi a una nuova guerra. Che purtroppo non finirà presto.


La bestia più feroce, pt. 2

Come purtroppo molti di voi sapranno, Vittorio non ce l’ha fatta.

Il suo corpo è stato ritrovato impiccato in una casa abbandonata a Gaza.

Le parole che mi vengono nel commentare questa ennesima tragedia sono al minimo, tale è lo sgomento e l’amarezza che mi assale nel riferire di quanta crudeltà sia capace l’uomo e di quanto ingiusto sia stato il destino di questo ragazzo di trentasei anni che ha combattuto per la pace e la libertà in uno dei territori più devastati di tutto il pianeta.

Ha sacrificato la sua vita perchè i palestinesi possano avere condizioni umani, mentre lui è stato ucciso e trattato in maniera disumana. Da riconoscere c’è che senz’altro i suoi assassini oltre a essere delle ignobili bestie non faranno sicuramente della maggioranza del popolo che lui ha sempre strenuamente difeso, il popolo per cui Arrigoni si è sempre battuto.

La sua famiglia, segnatamente sua madre, Egidia Beretta sindaco del comune di Bulciago (LC), ha espresso il suo dolore, ma anche l’orgoglio di quanto ha fatto in vita suo figlio.

Le sue spoglie arriveranno in Italia lunedì, perchè oltre alla barbaria subita, bisogna pure constatare la mancanza di sensibilità delle autorità israeliane che per nessun motivo aprono le frontiere di Gaza nel fine settimana.

Un’ultima amarezza per questa storia penosa senza lieto fine.

Un’ennesima constatazione sulla gratuita crudeltà delle bestia più feroce del pianeta Terra, l’uomo.


La bestia più feroce

Vittorio Arrigoni è un uomo che ha dedicato la sua vita alla causa palestinese. Trentasei anni, è un fervido attivista dei diritti umani e un giornalista che collabora col Manifesto, Peacereporter, e AgoraVox.

Inoltre, essendo sempre impegnato a raccontare quello che accade in zone a rischio, tiene un blog, Guerrilla Radio, dove informa costantemente quello che avviene sotto i suoi occhi, narrando di quanto crudeltà è spesso testimone.

Ebbene oggi Arrigoni ha dovuto constatare questa crudeltà non solo in qualità di osservatore, ma purtroppo in questa occasione si vede costretto a vestire i panni della vittima. É stato infatti rapito da un gruppo ribelle di salafiti, una cellula palestinese che fa riferimento ad Al-Qaeda, che minaccia di ucciderlo se il governo palestinese di Hamas non rilascerà dalle sue carceri i loro compagni di battaglia.

La notizia lascia attoniti e sconcertati, non solo perchè si rischia di contare un’altra ennesima vittima in nome di questi criminali ignobili, ma per la natura della persona, che si è sempre battuta perchè nel mondo non venisse mai versata una sola goccia di sangue per qualunque causa, senza fare distinzione di schierament0.

L’amarezza che ne consegue, sperando per la vita del povero Vittorio e augurandosi che venga presto liberato, è quella che Arrigoni forse avrebbe fatto meglio a dedicare la propria vita, il proprio talento, il suo spirito umanitario e di abnegazione con esseri che non gli avrebbero mai portato questi pericoli. Come tigri, leoni, serpenti, giaguari.

Perchè questa triste vicenda è l’ennesima vicenda che porta alla luce di come la bestia più stupida, feroce e pericolosa sia proprio l’uomo. Una razza che non ha meritato l’attenzione di Arrigoni e forse non merita nemmeno un elemento come Arrigoni fra i propri membri.

Tieni duro Vittorio.


L’uomo dei sogni

Adesso per gli italiani diventerà la pietra di paragone, l’uomo che simboleggia e proietta i propri sogni di gloria, perché lui ce l’ha fatta.

Cesare Geronzi, 76 anni, ha vinto al SuperEnalotto senza nemmeno giocare. Il banchiere che colleziona poltrone e partecipazioni adesso può vantarsi di aver riscosso la più alta liquidazione mai ricevuta, forse nella storia dell’umanità, comparata al lavoro fatto.

Infatti, dopo un solo anno di lavoro, il finanziere romano, dopo le dimissioni dalla guida di Generali, ha ricevuto una buonuscita di ben 16 milioni di euro, la stessa ricevuta dal suo predecessore, Antoine Bernheim. Ma in otto anni di lavoro.

Però evidentemente il suo contributo all’azienda è stato tale da giustificare una tale resa. Infatti in Borsa nonappena s’è saputo della sua defezione, il titolo Generali ha avuto una formidabile ascesa, col titolo che è salito sino al 4,7% in più del suo valore alla partenza delle contrattazioni.

Non solo, ma secondo Guido Giubergia, presidente della società di investimento Ersel e del comitato governance di Assogestioni, «Chiunque sia parte del mercato non può che recepire positivamente questa decisione, il +5% del titolo parla da solo», tanto per sottolineare la stima di cui Geronzi già nutriva nell’ambiente.

Inoltre, è d’uopo ricordare che il buon Cesare è stato iscritto nel registro degli indagati del crac Parmalat, uscendone assolto per l’accusa di estorsione, ma essendo ancora in attesa di giudizio da parte della Cassazione per l’accusa di bancarotta.

Come se non bastasse su di lui pende una condanna di otto anni di reclusione da parte della procura di Roma per frode riguardo l’emissione e collocamento dei bond Cirio tramite Capitalia, di cui era presidente, mentre è pure coinvolto nel caso Telecom per la frode fiscale operata dalla lussemburghese Bell (controllata da Hopa, la merchant bank di Emilio Gnutti partecipata anche da Geronzi).

Ma si sa che in Italia chi viene accusato dalla magistratura, anziché vederselo diminuire, si vede accresciuto il proprio credito, che sia attivo nel campo della finanza, dell’imprenditoria o della politica.

E il suo credito, nel caso specifico, è aumentato sino a incassare 16 milioni per un solo anno di modesto e disastroso lavoro per Generali.

Un’altra palese dimostrazione di come la meritocrazia sia oggi nel nostro paese pura utopia.

Ed è per questo che Geronzi ha sedici milioni di motivi per essere indicato come l’uomo dei sogni dall’italiano medio.


Quanto pesa una poltrona

É davvero interessante, una volta di più, notare di quanto la politica, in questi tempi di dura crisi e repressione economica, sia così vicina all’esaudire le richieste del proprio indotto, non lesinando spese e cercando di dare il meglio ai propri dipendenti. Beati loro.

Questo, almeno, si evince dalle stravaganti spese messe a registro dalla Regione Sicilia, che più di ogni altro ente amministrativo, soddisfa al meglio le esigenze dei propri lavoratori, siano essi politici, dirigenti o quant’altro.

Così per festeggiare il Natale, la suddetta Regione, spende 75mila euro in varie forniture, perchè da veri cristiani è giusto non badare a spese. E chissà com’erano buoni quei panettoni costati in tutto 3mila418 euro.

In Sicilia poi tutti tengono alla forma, ed è normale che si lavora in Regione si debba avere un orologio con il logo ne certifichi il prestigio. Poco male che questi orologi costino ai contribuenti 18mila euro.

Eppure per gli amministratori e i politici regionali non dev’essere facile sostenere una vita di responsabilità, stress e pressioni. Per questo ognuno di loro ha diritto a una sedia ergonomica del valore di più di 500 euro l’una, per una spesa totale di quasi 6mila euro, ed è naturale che, lavorando in condizioni simili, i piedi dolgono più che a operai, casalinghe e commercianti. E a una sedia che vale 500 euro, mi sembra giusto abbinare un poggiapiedi che costi almeno 100 euro e un costo che sfonda il tetto dei 5mila euro.

Se poi vi pare poco che la Regione si doti di un mobile bar che valga più di 4mila euro, si vede che non capite il peso delle istituzioni e quanto sia necessario tale mobile al sostentamento e alla buona riuscita delle sedute dei nostri governanti.

I politici, lo si dice da sempre, sono attaccati col mastice alle loro poltrone, ed è comprensibile se si pensa che queste poltrone abbiano un costo totale che arriva a sfiorare le 12milaeuro in totale. Ed è bene che si veda nella maniera più chiara possibile e onde evitare qualsiasi equivoco, è d’uopo che due lampade costino ai contribuenti più di seicento euro.

E cosa volete che sia una libreria dal valore di più di 23mila euro?

Nella videorubrica di Lucia Russo e del Quotidiano di Sicilia, linkato a fine post, avrete nel dettaglio più completo tutte queste assurde spese fatte dalla Regione Sicilia, che pesano in maniera non indifferente nelle tasche di noi cittadini.

Totalmente inermi ad assistere a questo insensato sfoggio di lusso e superfluo che ci viene fatto sotto il naso e del quale ci rendiamo beffardamente complici e finanziatori.

Almeno adesso sappiamo in concreto quanto ci costa una poltrona. E perchè i politici sono così restii a lasciarle.